Il giorno dei saluti

Andrea Foresta narra liberamente "L'albero donatore" tratto da "Albero, albero, cresci" di Brigitte Beretta

Sopra una collina verde stava un albero, maestoso e bellissimo.

In primavera, quando fioriva, venivano tante farfalle e le api suggevano il nettare dei suoi fiori. Arrivarono uccelli da terre lontane a cantare, posandosi sui suoi rami e si nutrivano dei suoi frutti. I rami dell’albero benedivano chiunque venisse a riposarsi nella sua ombra. Un bimbo veniva spesso a giocare sotto l’albero e questo si affezionò a lui’ come un padre al figlio. Lo vedeva giocare, ma giare i suoi frutti ed arrampìcarsi sui suoi forti rami.

Ma più il bambino cresceva meno veniva a giocare sotto l’albero che lo aspettava sempre.

Passarono molti     anni e un giorno il bimbo, diventato un giovanotto robusto, tornò sotto l’albero che fu molto felice di vederlo e gli chiese perché era stato lontano tanto tempo.

«Ho molto da fare e poi tu non hai niente da darmi e io ho bisogno di molti soldi». L’albero, triste, replicò: «Soldi non ho da dare, ma puoi cogliere i miei frutti e venderli al mercato, così avrai molti soldi». Il giovane si mise subito a cogliere i frutti, anche quelli acerbi e, siccome aveva fretta strappò anche delle foglie e ruppe dei rami. Poi corse via senza nemmeno salutare. Passarono ancora tanti anni. Il giovane era diventato un uomo e un giorno tornò ancora dall’albero che lo salutò con tanto amore.

Ma l’uomo aveva ancora fretta e si lamentò  perché aveva bisogno di una casa. «Oh», disse l’albero, «noi alberi non abbiamo bisogno di una casa; noi resistiamo al sole, al freddo, al vento; ma io posso aiutarti ancora; prendi i miei rami, diventeranno le travi per la tua casa». L ‘uomo subito tornò con una scure e tagliò

Ancora passarono molti anni e un giorno l’uomo, diventato anziano, passò di lì per caso e si fermò vicino al tronco per sedersi. Il tronco era tutto felice e chiese: «Cosa posso fare per te?». «Ormai nulla puoi fare; desidero andare in terre lontane   per cercare la fortuna, ma mi occorre una barca». Tutti i rami. Ora dell’albero restò solo il tronco, nudo e spoglio. Anche questa volta l’uomo se ne andò senza salutare né ringraziare.

Allora posso aiutarti ancora», disse l’albero pieno di gioia, «taglia il mio tronco e costruisci la barca». Subito l’uomo andò in cerca di una sega e tornò a tagliare  il tronco. Da quel giorno non si fece mai più vedere.

Ormai dell’albero era rimasto solo un grosso ceppo.

 Venne un giorno che una carovana di formiche passò vicino e scoprì il tronco. Tutte contente avvisarono le loro compagne ed il ceppo diventò la loro casa dove portarono tutte le loro provviste. Per il ceppo, traboccante di gioia, tornò la vita e tutti vissero felici, assieme, per molto tempo.

... e finalmente i saluti

Prima di partire andiamo tutti quanti in cortile.

Arturo propone il canto collettivo di un mantra di autoguarigione.

Il cerchio si apre e, in un grande serpentone, ciascuno saluta tutti gli altri.

 

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